"L'arte non nasce mai dalla felicità" così Palahniuk descrive quell'irrefrenabile espressione dell'ego.
Potremmo essere d'accordo e affermare che un pennello, una matita, una penna o un obiettivo siano stimolati da frustrazione: dal desiderio di urlare silenziosamente ciò che non può essere rivelato per vergogna, convenzione, scelta o incapacità.
Dalla rabbia, immensa ed implacabile rabbia, pronta a scoppiare innescando piccole bombe di inchiostro che raderanno al suolo un foglio bianco.
La tristezza che mescola tempere e lacrime. La delusione che si esprime con segni brevi, puntini e strisce.
Ma quante volte, invece, la felicità non vi ha spinto a quel magnifico impulso?
Da piccolissima mia madre mi portò una risma di fogli A4. Tale era la mia contentezza che scrissi la storia dei "Fiori felici" su quegli stessi fogli.
E' pur vero che le sensazioni negative, da un punto di vista completamente immerso, plasmano e deformano il mondo in una veste grottesca, mentre da un'ottica più cinica potrebbero farci vedere le cose come sono, senza troppi fronzoli ed orpelli.
Stessa situazione quando si è nel turbine della felicità. E' come quando si è sotto effetto di droghe, felici ed intontiti: tutto falsato, più semplice e più bello, tanto che anche uno scolapasta, che fino all'altro ieri era solo un pezzo di ferraglia incrostato di calcare, si trasforma in una scultura ellenica scalfita dal tempo.
Quindi se entrambi i poli delle pulsioni portano ad uno stesso effetto, come può un artista dimostrare quale sia quella che lo abbia dominato nel momento dell'esecuzione?
Tu, osservatore, potrai scovare la magia dei buchi irregolari dello scolapasta, immaginando che siano tante finestrelle di case in ristrutturazione, oppure notare e leggere in quel comune oggetto la metafora del degrado della società.
Cerchiamo nell'arte uno specchio ed un sollazzo, un'evasione ed una consolazione.
In un mondo ideale non ci sarebbe bisogno di qualcosa che ci ricordi possa esistere la perfezione e l'eternità.
Non è rilevante sapere la fonte dalla quale sgorga l'arte, qualunque essa sia sarà sempre un impulso del cuore.
I capolavori artistici nascono dalla solitudine, non l'arte...Quando si è felici, si è meno propensi a creare, dato che lo stato d'animo che si prova è totalizzante, e lo si vuole dividere solo con chi, o con cosa lo scaturisce...Quando si è tristi e depressi, si è soli...e si ha bisogno di comunicare con qualcun'altro "ipotetico" che non c'è...è assente...ma la tua anima lo desidera a tal punto da creare spesso dei capolavori...
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